L’area archeologica

L’ubicazione della Brina lungo il tratto della via Francigena ‘alta’ che collega Aulla alla piana di Luni è stata un elemento importante nel processo di scoperta e di valorizzazione del sito archeologico.

Per ciò, grazie ai finanziamenti POR-FESR, è stato effettuato il consolidamento delle murature ed è stato realizzato un percorso attraverso i ruderi del castello che consente di vistarne le varie parti in sicurezza. La comprensione delle strutture archeologiche è stata agevolata mediante pannelli esplicativi che ne spiegano i resti a vista, ricordandone le vicende nel tempo.

Al CAI di Sarzana, promotore della scoperta del castello e della messa in valore della via Francigena in questo tratto, è stato affidato il compito della manutenzione del sentiero di accesso oltre che di monitoraggio e di guida all’area archeologica.

Rilievo finale del castello della Brina

Il progetto di sistemazione dell’area archeologica

Il sito archeologico comprende due aspetti importanti inerenti l’ambito culturale lunigianese e in particolare quello di Sarzana.
Il primo è la rilevanza dell’insediamento fortificato medievale, come ben illustrato dalle ricerche archeologiche. Il secondo, non meno celebre, è legato alla figura del botanico sarzanese Antonio Bertoloni, che vide anche i resti della rocca distrutta. Entrambi questi elementi sono stati punti di riferimento importanti nelle scelte operati per la sistemazione e la valorizzazione dell’area archeologica della Brina.

Antonio Bertoloni e gli aspetti botanici di rilievo

Antonio Bertoloni, probabilmente il più famoso botanico italiano del tempo, nel secondo quarto dell’Ottocento scrisse è un’importante opera in 10 volumi che documentò per la prima volta la flora spontanea di tutto il territorio poi diventato nazionale. Tutte le specie ivi descritte sono state accuratamente studiate e le indicazioni delle località nelle quali esse vivono si basano su campioni raccolti da Bertoloni stesso o inviatigli da altri botanici italiani. Tali campioni oggi costituiscono uno dei più noti erbari italiani, lo Hortus Siccus Florae Italicae, conservato all’Università di Bologna.

La Brina come Sito di Interesse Comunitario

Bertoloni, elencando le specie vegetali ritrovate sul colle, ormai ridotto a pascolo per animali, vi rinvenne, per primo, l’Armeria denticulata, un piccolo fiore rosato che si confonde tra flora mediterranea del suolo ofiolitico della Nuda, colle noto anche per altri endemismi e rarità botaniche.
Il sito è per ciò inserito tra i SIC della Regione Liguria con il codice “Brina e Nuda di Ponzano”, Codice Natura 2000 IT1344422.
Quest’ultimo aspetto si è profilato fin da subito come ulteriore apporto ad una possibile gestione dell’area, coniugando tra loro gli aspetti botanici ed archeologici, ed estendendo l’interesse ad una più vasta gamma di fruitori.

Gli interventi realizzati con il sostegno europeo

Questa fase di interventi sull’area archeologica, inserita nel programma finanziario del POR-FESR, è consistita quindi nella conservazione dei reperti murari rinvenuti e nella realizzazione di opere di protezione, di arredo e di guida nel percorso di visita, e di posizionamento di pannelli illustrativi.
Il fine è stato quello di ottenere una sistemazione definitiva attrezzata per l’uso didattico, mediante accorgimenti tesi ad evidenziare le principali fasi di formazione del castello, sia utilizzando tecniche grafico-testuali, sia segnalando sul posto le epoche di formazione dell’abitato, ma anche evidenziando, come in un giardino botanico, le specie arbustive ed arboree con particolare riferimento all’elenco stilato dal Bertoloni.
Nel far ciò è stato tenuto ben presente l’elemento ludico-ricreativo tutelando, per quanto possibile, le persone e le zone di scavo, senza ridurre il sito ad una composizione di recinti di varie dimensioni che ne avrebbero snaturato lo spirito e la fisionomia. Gli elementi murari ed arborei hanno inoltre condiviso lo stesso riguardo, integrandosi a vicenda.

Il sentiero del CAI lungo la via Francigena

A partire dalla fine degli anni Novanta del secolo scorso la sezione del CAI di Sarzana, e in modo particolare il Gruppo Terre Alte, si è impegnata nella riscoperta, manutenzione e valorizzazione della variante ‘alta’ della Francigena nel tratto tra Aulla e Luni. Si tratta di una tappa di cammino a tratti impegnativa, molto bella e suggestiva, che regala ai pellegrini e camminatori che arrivano da nord il primo panorama sul mare.
È in occasione di questi lavori che è stato notato il moncone della torre abbattuta della Brina e segnalato all’Università di Pisa, che poi vi ha condotto le successive ricerche.

Le tappe del percorso da Aulla a Sarzana-Luni

Dall’abbazia di San Caprasio, ad Aulla, il percorso prende velocemente strade sterrate e carrarecce fino a salire in quota per raggiungere l’incantevole borgo di Bibola, non molto distante dalla sommità dove un tempo sorgeva il castello di Burcione.

Scendendo un poco si prosegue fino ad entrare nel villaggio di Vecchietto. Una volta oltrepassata la chiesa del piccolo abitato di pietra si imbocca una bella mulattiera in salita, che poi si restringe fino a diventare un sentiero che passa tra i boschi. La pendenza del percorso tra i castagni diminuisce fino ad arrivare ad un quadrivio, detto Quattro Strade.
Da qui si continua fino verso a quello che fu il castello di Ponzano, dove si imbocca una strada sterrata di mezzacosta che piano piano sale fino a trasformarsi in sentiero. Da qui si possono ammirare gli altri castelli che erano a vista come  Falcinello, Arcola e Trebbiano, ma anche l’importante manifattura ceramica di età contemporanea Vaccari, stabilita sul fondovalle.

Il sentiero dopo un paio di saliscendi nel bosco giunge al castello della Brina, dove oggi si può visitare l’area archeologica attrezzata e ammirare uno splendido panorama che abbraccia Luni, Bocca di Magra e il golfo spezzino.
Dal colle della Brina, detto Nuda, sentiero scende ripido verso il fondo valle, dove si incrocia la strada provinciale che da Falcinello scende a Sarzana. Ammirate le bellezze di Sarzana si può proseguire il percorso, salendo fino alla Fortezza di Sarzanello, dove sono esposti anche i reperti della Brina, e poi  scendere nuovamente fino a raggiungere l’area archeologica di Luni.

Il CAI, la Francigena ‘alta’ e la Brina

Il ruolo della sezione sarzanese del CAI nella scoperta e nella valorizzazione della Brina è stato fondamentale. Infatti è stato in seguito ad una segnalazione del CAI in seguito ai lavori di ripristino della variante di crinale della via Francigena che nel 2000 l’Università di Pisa ha cominciato le proprie ricerche in questa area della Lunigiana.
Dal 2001 fino alla durata di tutte le campagne di indagine archeologiche sul campo il CAI è sempre stato un partner attento e costante nel dare il proprio aiuto nella manutenzione del sito e nell’apertura delle nuove aree di scavo, talvolta situate in zone coperte da rovi intricatissimi e da una vegetazione spontanea infestante incontrollata. Per ciò dal 2007 è stato incluso nella convenzione pluriennale di scavo e ricerche sul sito, sottoscritta dal Ministero attraverso la Soprintendenza Archeologia della Liguria con i vari Enti e associazioni coinvolte.
Nel 2015 la sezione di Sarzana del CAI ha stipulato una convenzione con il Comune di Sarzana in base alla quale si dovrà occupare del monitoraggio, del tracciamento, della pulizia e della tabellazione del tratto della via Francigena che attraversa il territorio locale. Si dovrà inoltre occupare del mantenimento del sito archeologico della Brina e del relativo percorso di accesso.
In occasione della firma del documento il vice segretario del CAI sarzanese, Rizieri Castagna, ha dichiarato che la Brina: “è per noi un sito molto importante, dove ormai da tempo accompagniamo scolaresche e turisti, e per il quale ci impegniamo volentieri”.

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