L’esposizione

La rilevanza del sito e le novità emerse con gli scavi archeologici hanno spinto gli Enti territoriali e le Istituzioni competenti ad includere la Brina in uno degli assi di finanziamento POR-FESR al fine di realizzare la messa in valore del castello e di far conoscere ad un pubblico più ampio la sua storia.
In tale ambito è stata realizzata un’esposizione permanente dei materiali dello scavo.

Lasciando la parola ai reperti e alle immagini archeologiche il racconto si snoda lungo un percorso cronologico e tematico, nel quale sono illustrate le attività quotidiane dei diversi residenti sul colle della Brina nel tempo.

La narrazione è guidata da pannelli di sala, alcuni video e una mappa interattiva su dispositivo touch-screen che consentono di collegare in modo efficace i reperti al contesto di provenienza.

L’allestimento è stato realizzato nei locali della fortezza di Sarzanello, perché qui un tempo si trovava un altro importante castello del Vescovo di Luni, situato su una sommità in vista della quale si poteva scorgere il castrum de Brina.

Gli usi e i modi di vivere dei residenti alla Brina nel tempo

I manufatti dell’età del Ferro e i residui romani – periodo I (V-IV a.C.)

Tra i reperti della capanna abitata dai Liguri tra V e IV secolo a.C. si trovano piccole pentole in impasto grossolano, dette olle, e delle ciotole in ceramica foggiate a mano, che potevano essere impiegate anche per la conservazione dei cibi (fig.a).

Il vasellame in ceramica locale è più raffinato rispetto a quella da cucina (fig.a), ed è affiancato da piatti in lucida vernice nera arricchiti da decorazioni impresse che provenivano dalla vicina Etruria o dalla Campania (fig.b). Altri contatti con le popolazioni situate oltre l’Appennino sono invece testimoniate da manufatti metallici.

Anche se nel periodo romano il sito della Brina non fu abitato, dai contesti altomedievali sono stati portati in luce alcuni reperti di reimpiego (fig.c) e monete che indicano la presenza tra II secolo a.C. e I secolo d.C. di una fattoria nelle vicinanze, segno della ricchezza del territorio anche dal punto di vista dello sfruttamento agricolo.

I reperti della Brina tra l’altomedioevo e il Mille – Periodi II-IIIa (IX-XI secolo)

Il vasellame ceramico di questo periodo è quasi tutto di produzione locale e privo di rivestimento (figg.a-b), e a livello numerico vi spiccano i testelli per la cottura di focacce e panigacci. Soltanto tra fine X e XI secolo appaiono brocche decorate con linee in ingobbio rosso (fig.c) oppure invetriate in monocottura.

Ciò è interessante perché testimonia il grado di organizzazione delle produzioni locali e i contatti stabiliti con il settentrione della penisola e l’area alto-tirrenica per l’approvvigionamenti di materiali specifici in età tardo carolingia e soprattutto ottoniana. Inoltre è un utile indicatore di quali fossero gli usi nella preparazione dei cibi e nella refezione intorno al Mille.

Altri reperti rivelano le numerose altre attività dei residenti nel castello in quei secoli, come la caccia, al tempo riservata ai signori (fig.d), oppure la filatura, realizzata dalle donne (fig.e).
Non mancano infine altri preziosi materiali rappresentativi dello status sociale dei domini, destinati ad abbellire la loro dimora o per passare il tempo libero (fig.f).

I materiali del castello sotto l’influenza vescovile – Periodo IIIb (XIII-inizi XIV secolo)

Nel Duecento il corredo ceramico per la refezione e per la cucina si arricchìsce di forme rivestite con lo smalto o la vetrina (figg.a-b). Questo consente di avere del vasellame decorato per abbellire la mensa e del pentolame più resistente ed efficace nella cottura dei cibi (fig.c).

Le diverse aree produttive del vasellame ceramico (Pisa, Lucca, Savona) testimoniano inoltre la possibilità di approvvigionarsi di tali materiali probabilmente grazie alla vicinanza agli scali marittimi e a corsi d’acqua.

Gli altri reperti indicano che il signore non risiedeva permanentemente nel castello, ma che vi lasciava a presidio una guarnigione militare (figg.d-e). Grazie a questi materiali siamo in grado di dire come questi soldati facevano il loro mestiere, ma anche come mangiavano e passavano il tempo libero (figg.f-g).

La vita di un appostamento di confine – Periodo V (secondo quarto XIV – inizi XVII secolo)

I reperti della Brina di questo periodo raccontano della vita dei soldati a guardia del podium dei Malaspina e poi della dogana sarzanese.
Si tratta soprattutto di vasellame adoperato per bere e per mangiare, ritrovato in frammenti nello scavo.

Il vino e gli altri liquidi erano ancora serviti in boccali di maiolica arcaica, ora dai decori più semplici che in precedenza o in monocromia bianca (fig.a). Analoghe caratteristiche mostrano le scodelle in maiolica arcaica, sempre di produzione pisana o savonese (fig.b).

Il rinvenimento di diverse piccole monete nei pressi dello spiazzo davanti alla porta meridionale del castello sembra legato al pagamento dei pedaggi (figg. c-d) piuttosto che al gioco d’azzardo dei soldati, mentre i numerosi elementi di ferratura di muli e asini testimoniano ancora il passaggio di merci oltre che di uomini (fig.e).

“IL CASTELLO DELLA BRINA”

Video realizzato dalle classi IV e V della Scuola Primaria E.Luzzati SARZANA

Alberto Angela presenta la Fortezza di Sarzanello a Sarzana

Ulisse (Rai 3 – 2005)

Il borgo di Sarzana

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